Fordomth – I.N.D.N.S.L.E. (2018)
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PRESENTAZIONE | Nonostante la sua genesi travagliata, I.N.D.N.S.L.E. (2018), primo disco dei catanesi Fordomth, è molto interessante |
GENERE | Un funeral doom metal espanso e ipnotico come da norma del genere ma meno rarefatto, grazie a riff doom più concentrati e a una forte componente post-metal. |
PUNTI DI FORZA | Uno stile personale, con melodie più dense della media del genere; qualche bello spunto personale, una buona cura per atmosfere e musicalità, una scaletta di media elevata. |
PUNTI DEBOLI | Un po’ di inconsistenza, con solo tre pezzi effettivi. |
CANZONI MIGLIORI | Chapter II – Abyss of Hell (ascolta), Chapter III – Eternal Damnation (ascolta) |
CONCLUSIONI | I.N.D.N.S.L.E. si rivela un ottimo esordio per i Fordomth, nonché un disco apprezzabile per chi ama il funeral doom metal. |
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Se alcuni generi o sottogeneri metal in Italia hanno una lunga e ricca tradizione, altri non sono molto diffusi. Il funeral doom è uno di questi: non sono molte le band che lo affrontano, e a un livello spesso molto undeground; ciò non toglie, però, che a volte anche da noi esca qualche album interessante. È il caso di I.N.D.N.S.L.E. (acronimo di In Nomine Dei Nostri Satanas Lucifer Excelsi), full-length d’esordio dei catanesi Fordomth. Parliamo di un disco dalla gestazione travagliata – è stato registrato nel 2015, ma ha visto la luce solo lo scorso 10 novembre – da cui però non ha risentito affatto. Merito in primis di uno stile interessante: è un funeral doom metal espanso e ipnotico come da norma del genere, ma meno rarefatto, visto che i riff sono più potenti e guardano spesso al doom “canonico”, e anche le melodie sono più dense. Inoltre, i Fordomth condiscono il tutto con alcune influenze: ce n’è qualcuna sparuta dal black, ma I.N.D.N.S.L.E. guarda soprattutto al post-rock. È una componente che torna in moltissime melodie: bizzarro, considerando che i siciliani non sono il tipico gruppo post-metal, ma funzionale alla riuscita del tutto. Uniamoci anche una bella tendenza ad alternare voce pulita e growl – un elemento non originalissimo, considerando che lo facevano già i Thergothon, ma nemmeno così sfruttato – e abbiamo uno stile piuttosto personale. Già questo consente a I.N.D.N.S.L.E. di sfuggire alla noia, ma in tal senso i Fordomth fanno un passo ulteriore curando bene le atmosfere, piene di sfumature e mai banali: nonostante le melodie non varino molto, l’album di rado suona omogeneo o prolisso. Non è questo il difetto del disco, che tuttavia ne ha uno importante: può sembrare paradossale, vista la durata di quasi un’ora, ma I.N.D.N.S.L.E. mi dà un’idea di inconsistenza. Al di là dell’intro e di un interludio, le canzoni vere e proprie sono solo tre, per quanto lunghe; anche una o due in più, anche brevi, avrebbe dato maggiore sostanza al tutto. In ogni caso, non è un difetto così incisivo, come non lo è la registrazione, un po’ più grezza di quanto di solito mi piaccia: a volte pesa, ma di norma dà al disco un tono più selvaggio e primitivo, e nel caso dei Fordomth è un bene. Insomma, è un elemento di fascino per I.N.D.N.S.L.E., che anche per questo si rivela un ottimo esordio.
Come dice il nome stesso, Intro (primo dei cinque “capitoli” che formano la scaletta) è il preludio tipico, con un sinistro pianoforte dal suono lo-fi che ripete lo stesso fraseggio in maniera ossessiva e giusto qualche variazione di tanto in tanto. Niente di che, insomma, ma ha il merito di introdurre bene l’aura lugubre del disco: ottima per dare il là, quindi, a Abyss of Hell, che segue ma non entra subito nel vivo. C’è spazio prima per un altro preambolo, lento e soffice, che introduce la melodia di base del pezzo: è la stessa che, dopo circa un minuto in crescendo, entra nel vivo con forza. È una norma che fluisce lentissima e malinconica grazie al lamento (in senso buono, ovvio) di Federico “Fano” Indelicato e alle melodie, dolci e a tratti di gusto post-rock – seppur ci sia anche una bella cupezza, rappresentata dal growl cavernoso di Gabriele Catania. Col passare del tempo, questo secondo lato si accentua ancora di più, con le armonie che tendono verso qualcosa di più oscuro e sinistro, seguite anche dal riffage, che a tratti si fa dissonante e arcigno al massimo. E se ogni tanto la chitarra di Giuseppe Virgillito spezza il dominio delle ritmiche e si propone in assoli che sembrano tornare verso un certo pathos, in essi è sempre la componente più lugubre a dominare. È un’alternanza che va avanti qualche minuto, prima che il tutto si spenga, ma non è finita. Un interludio lugubre dominato dal basso di Gianluca “Vacvvm” Buscema, poi si avvia un crescendo lentissimo, asfissiante, grazie anche alle urla dei due cantanti e allo sfondo di echi post-rock: dà al tutto un tocco minaccioso. È una progressione lunga e cupa, che però col tempo torna alla malinconia; un breve raccordo vuoto, poi i Fordomth riprendono la norma iniziale, anche più drammatica grazie a Indelicato che alza la voce in maniera lancinante. È l’ottimo finale di un brano davvero bello, il picco assoluto di I.N.D.N.S.L.E.!
Eternal Damnation comincia con echi post-rock ancora più forti rispetto alla precedente, con una chitarra pulita ed echeggiata: quasi subito, si sovrappongono al suono del basso, distorto ma placido. Questa impostazione rimane molto a lungo, seppur in continua crescita: presto entra in scena anche il ritmo lento e semplice del batterista Mario di Marco, e col tempo la chitarra si fa più distorta e rumorosa. I suoi fraseggi rimangono in scena anche quando il pezzo entra nel vivo: insieme alla voce eterea di Indelicato, accoppiata al growl basso, danno al tutto un tono espansissimo, quasi spaziale. È la norma che torna più spesso nel pezzo, seppur a tratti i siciliani virino su passaggi meno atmosferici e più oscuri, con Catania possente e le semplici ritmiche cupe di Riccardo Cantarella in evidenza – a volte accompagnate anche da melodie striscianti di marca death/doom. C’è anche spazio, lungo i quasi venticinque minuti del disco, anche per un paio di lunghi passaggi più soffici, post-rock anche più lieve che in precedenza; il vuoto che creano però non è certo accogliente, anche grazie ai frequenti echi vocali. Entrambi sfociano in due lunghe escalation, mai troppo veloci ma molto graffianti: lo è in particolare la prima, stridente e drammatica nella sua aura fredda, malata. Anche la seconda però si difende alla grande: meno opprimente, col suo giro ossessivo doom risulta però lugubre al massimo, persino orrorifica, e colpisce con forza, prima di lasciar spazio a una lunga coda vuota, che col tempo lo diventa ancora di più, fino a sfiorare un minimalismo quasi ambient. È il momento migliore di un pezzo però tutto valido, di ottima qualità: non è al livello del precedente, ma solo per poco!
Come indica il titolo, Interlude è un intermezzo, nonostante la lunghezza, e all’inizio ricalca le sonorità dell’intro, col suo cupo e lento pianoforte. Ma quasi subito entra in scena il violino dell’ospite Federica Catania: la fa da padrone per buona parte del brano con un lento assolo nostalgico e crepuscolare, ogni tanto un po’ prolisso ma di norma buono. Prosegue per lunghi minuti, sempre molto avvolgente col suo pathos, finché sulla tre-quarti i Fordomth non cambiano strada, col piano che torna fuori ancora più lugubre. Ma è solo una breve frazione, prima che il violino torni, ancor più sognante e malinconico: è il gran finale di un interludio che non ha nulla di metal e forse non è nemmeno considerabile un brano vero e proprio ma avvolge comunque bene! La conclusiva I.N.D.N.S.L.E. torna quindi alla potenza, ma con un piglio nuovo: il riffage stavolta è meno denso e basso, e seppur sia accoppiato con melodie tipiche da doom ha un retrogusto quasi black. È uno strano ibrido ma funziona, anche grazie alle piccole variazioni che i siciliani le danno: tra le voci dei due cantanti (a cui si unisce anche Salvatore Calamarà, che si è occupato anche di mix e mastering del disco) e gli echi post-rock che spuntano a tratti, è una bella falsariga, avvolgente il giusto. Meno buoni sono i bridge, un po’ troppo obliqui per i miei gusti; introducono però ritornelli persino catturanti (almeno in relazione al genere), in cui si recupera di più la dimensione funeral già sentita . Non male anche la frazione centrale, con un assolo ossessivo di chitarra pulita strano ma funzionale, ancora sul lato post-metal del gruppo: colpisce bene con la sua anima insieme oscura e malinconica, e introduce bene un ritornello ancor più rabbioso. È la chiusura di un episodio breve se rapportato agli altri (meno di nove minuti): forse è il meno bello dell’album a cui mette la parola fine, ma ciò non toglie che sia buonissimo!
Per concludere, I.N.D.N.S.L.E. è un album di grande sostanza, anche coi suoi difetti e con qualche ingenuità: il suo livello rimane ottimo, e lo rende adatto a qualsiasi fan del funeral doom. Nonostante questo, i Fordomth un dubbio me lo fanno venire: da quando l’album è stato inciso hanno cambiato di molto la formazione e soprattutto hanno svoltato su sonorità più vicine allo sludge e al black metal. Ma chissà che, col loro talento, non riescano a muoversi sulle nuove coordinate con lo stesso successo: personalmente, sono proprio curioso di sentire cosa faranno in futuro!
1 | Chapter I – Intro | 02:01 |
2 | Chapter II – Abyss of Hell | 11:40 |
3 | Chapter III – Eternal Damnation | 24:55 |
4 | Chapter IV – Interlude | 08:45 |
5 | Chapter V – I.N.D.N.S.L.E. | 08:40 |
Durata totale: 56:01 |
Gabriele Catania | voce |
Federico “Fano” Indelicato | voce |
Giuseppe Virgilito | chitarra solista |
Riccardo Candarella | chitarra ritmica |
Gianluca “Vacvvm” Buscema | basso |
Mario Di Marco | batteria |
Salvatore Calamarà | voce |
Federica Catania | violino |
ETICHETTA/E: | Endless Winter Records |
CHI CI HA RICHIESTO LA RECENSIONE: | Mani in faccia Promotion |